IN CAMMINO VERSO FINIBUSTERRAE SU ANTICHI TRATTURI TRA PAESAGGI DI PIETRA E ULIVI SECOLARI

ITINERARI STORICO – ARCHEOLOGICI LUNGO IL NUOVO TRACCIATO DELLA S.S. 275
275 012
1. Presentazione (di Vito Lisi)
Era intitolata “I luoghi della memoria” la raccolta fotografica donata personalmente dal “Comitato 275″ a Nichi Vendola lo scorso agosto, quando un pullman carico di cittadini partì dal Salento e raggiunse il capoluogo di Bari per esporre i tanti motivi per i quali era necessario che l’opera più golosa mai realizzata nel Capo di Leuca, negli ultimi 20 anni, si fermasse a Montesano Salentino. Vani sono stati i tentativi di responsabilizzare la classe politica Pugliese che, più delle altre, asserisce di voler tutelare il paesaggio, le risorse archeologiche e le bellezze tipiche, definendole addirittura “le fabbriche del futuro”. Sono trascorsi 9 mesi da quell’incontro e l’accordo del 3 marzo, fra Vendola e Fitto, ha sancito la vittoria delle lobby sugli ideali; ha definitivamente smascherato chi si traveste per motivi evidentemente elettorali da Masaniello e si scopre Borbone.
Le passeggiate sugli antichi sentieri rurali, organizzate dalle associazioni Archès e Gaia, da sempre sostenitrici della causa del Comitato 275, ci porteranno a spasso per i luoghi che presto, se dovesse realizzarsi l’inutile piano di distruzione di massa – ossia la costruzione della strada che doveva servire le fiorenti zone industriali nonostante lo sviluppo industriale salentino sia morto e sepolto – che cancellerà per sempre il fascino e l’armonia di quel pezzo di territorio.
Le escursioni ci permetteranno di conoscere antiche carraie, anfiteatri naturali, relitti incontaminati di boschi, di ammirare le splendide opere d’architettura rurale (muri di cinta alti più di due metri costruiti con un pietrame piccolissimo e tipico della zona), le pajare e altri particolari da scoprire insieme.
Ed inoltre la fauna che si risveglia, ramarri, biacchi, cervoni, farfalle dai mille colori, tutto immerso nei profumi della flora primaverile.
Noi non possiamo permetterci di “sacrificare” questa ricchezza, i nostri figli non ce lo perdonerebbero, ed è per questo che non ci arrenderemo mai, andremo avanti con la resistenza attiva e faremo di tutto per impedire questo scempio.

2. Il progetto e la sua storia
Il progetto di ammodernamento della S.S. 275 “Maglie – Santa Maria di Leuca” nasce nel 1994 con l’obiettivo di collegare tra loro le aree industriali del Salento meridionale. L’arteria stradale, presentata dai politici locali come “la più grande opera degli ultimi 20 anni nel Salento”, avrà un costo complessivo di circa 288 milioni di euro. La sua realizzazione vede il consenso di tutta la classe dirigente salentina – imprenditoriale e politica – e, allo stesso tempo, la disapprovazione di una parte di associazioni di volontariato e di liberi cittadini del territorio – riuniti nel Comitato S.S. 275, presieduto da Vito Lisi – che chiedono a viva voce di fermare la strada a quattro corsie fino a Montesano e di adeguare i tracciati viari preesistenti fino a Santa Maria di Leuca.Il Comitato ha svolto, fin dal 2003, indagini approfondite sull’iter burocratico che ha portato all’approvazione del progetto di ammodernamento della S.S. 275, mettendo in risalto gravi irregolarità procedurali e violazioni di legge.
Dall’atto di diffida e messa in mora, redatto dall’avv. Luigi Paccione e notificato all’ANAS S.p.A., si evince infatti che l’incarico venne affidato, nel 2002, direttamente dall’ANAS al Consorzio per lo Sviluppo Industriale e dei Servizi Reali alle Imprese (SISRI), che a sua volta ha subappaltato lo stesso incarico, senza alcuna gara e in mancanza di procedura ad evidenza  pubblica alla Pro.Sal. – Progettazioni Salentine S.r.l., per un importo pari a circa 5 milioni di euro.
Nello specifico, il progetto prevede la realizzazione di una strada, costituita da quattro corsie e da due complanari (una per senso di marcia), larga circa 40 metri. L’arteria viaria sarà realizzata quasi completamente su un terrapieno, con conseguente ed inevitabile cesura della viabilità rurale del territorio, che insiste in buona parte su antichi tracciati medievali.
La superstrada, inoltre, andrebbe inesorabilmente a cancellare la tipicità naturale di questo tratto di paesaggio salentino, che presenta una sorprendente biodiversità di specie autoctone, sia vegetali che animali. Il territorio si caratterizza anche per la presenza di strutture rurali in pietra a secco (pajare e liame) e di antichi edifici rustici, adibiti all’ospitalità dei viandanti.
I sopralluoghi, effettuati dai volontari del Comitato S.S. 275, hanno consentito di individuare importanti testimonianze della civiltà contadina, lungo il nuovo tracciato della S.S. 275 “Maglie – Leuca”.
Il Comitato propone, a tal proposito, alcuni percorsi naturalistici che si snodano in un lembo di territorio ricadente nei comuni di Montesano Salentino, Tricase ed Alessano.
Gli itinerari permettono di ripercorrere antichi tratturi, con i solchi di carro impressi sul banco di roccia e i tipici muretti di delimitazione in pietra a secco, e di scoprire un paesaggio straordinario e ancora intatto, da tutelare, conservare e rendere fruibile a turisti e residenti.

3. Percorsi lungo la S.S. 275
3.1 Percorso n. 1 – Zona industriale Tricase, località Serra del Fico, Macchie di Ponente, Castiglione d’Otranto
L’itinerario si snoda dalla Zona industriale di Tricase, località Serra del Fico.
Lasciata ad occidente l’area ad insediamenti produttivi si percorre, per circa 200 metri, un tratto viario di recente realizzazione che si collega alla rotatoria della tangenziale di Tricase (“Cosimina”). Il tragitto procede, in direzione nord, sul tracciato di una strada campestre larga poco meno di 2 metri, che si caratterizza per la presenza di carraie sul banco di roccia. I solchi sono larghi dai 20 ai 30 centimetri, presentano una profondità massima di 15 centimetri e si sviluppano, in maniera pressoché continua, per tutta la lunghezza del tracciato.
Il tratto viario, ubicato interamente nel Comune di Tricase, insiste nelle località Macchie di Ponente e Serra del Fico e lambisce ruderi di antichi edifici rurali e strutture in pietra a secco (liame e pajare).
Dopo circa 300 metri di cammino tra la fitta vegetazione spontanea, si prevede una prima sosta presso il “giardino degli ulivi secolari”, così denominato per la presenza di alberi monumentali e maestosi. Un sentiero si snoda ad ovest della nostra strada campestre e si perde in un campo incolto, lambito dalla vicina zona industriale di Tricase.
La sosta permette ai viandanti di notare, ai lati della stradina, alcuni blocchi di pietra calcarea, infissi verticalmente nel terreno o reimpiegati nei muretti a secco, che delimitano su entrambi i lati l’antico tratturo.
Volgendo lo sguardo ad oriente si intravedono – gelosamente riparati dalle folte chiome degli ulivi – numerosi edifici rurali in pietra a secco (pajare e liame), segni tangibili dell’intensivafrequentazione agricola e pastorale di quest’area. Alcune di queste strutture si caratterizzano per le notevoli proporzioni, mentre la forma prevalente è quella tipica di questa zona, ossia a tronco di piramide; le pajare, spesso, sono affiancate da piccoli forni adibiti alla cottura dei fichi secchi. La coltivazione del fico era peculiare del territorio, come dimostra ancora oggi la presenza di toponimi che rimandano a tale pianta.
Il sentiero, dopo alcune centinaia di metri, conduce inaspettatamente in un campo ricoperto da fitta vegetazione spontanea, dalla particolare morfologia che ricorda vagamente quella di un anfiteatro naturale. La sosta, in questo caso, permetterà ai camminanti di osservare diverse specie vegetali autoctone e una graziosa cisterna per la raccolta di acque piovane, piccolo esempio di opera ingegneristica rurale.
Si attraversa un prato di lino e piselli selvatici, che si estende per una superficie di alcuni ettari e si perviene nei pressi del bosco di località Macchie di Ponente. Il cammino prosegue in direzione nord – est e, dopo aver percorso circa un chilometro, si raggiunge Castiglione d’Otranto, piccola realtà urbana che offre al visitatore una autentica e suggestiva realtà di borgo.
Si prevede una sosta rigenerante presso il largo fiera di località Casaranello (o Trice), oggetto di recenti scavi archeologici che hanno messo in luce un cimitero di età medievale. Qui lo sguardo del viaggiatore viene attratto dalla chiesa di Santa Maria Maddalena, con l’epigrafe che ricorda l’istituzione borbonica della fiera nel 1752, delle più rinomate del Salento, che si svolge nell’ultima decade di luglio.
Dopo aver osservato la maestosa macina in granito, che fa bella mostra di sé alle spalle dell’edificio consacrato alla Santa penitente per eccellenza, il cammino si snoda per circa 100 metri verso nord, dove è ubicata la cripta dello Spirito Santo, un vero enigma per studiosi e storici locali, in quanto si tratta di una cripta che non presenta la classica struttura architettonica delle cripte bizantine del Salento e non è intitolata alla Vergine né a una determinata tipologia di santi.
Si ritorna verso la chiesa di Santa Maria Maddalena e si rimane stupiti al cospetto dell’insediamento rurale che si affaccia sulla Strada Provinciale Montesano – Castiglione, composto da numerose liame e caseddhe, antiche abitazioni della popolazione salentina, la cui atmosfera silente contrasta con quella che si poteva immaginare in questa masseria fino a pochi decenni fa, quando la quotidianità era intrisa di lavoro, fatica e sudore, epoca in cui lo strepitìo dell’attività umana giungeva anche dal sottosuolo, dal buio dei frantoi ipogei, frenetici ed instancabili produttori di “oro giallo”.
Il viaggio di ritorno al luogo di partenza si snoda da largo Trice, in direzione sud, immersi in un suggestivo paesaggio bucolico caratterizzato dalla presenza di dedali di muretti a secco, liame e pajare, ulivi e piccoli orti coltivati con amorevole cura dai contadini del posto. Si lambisce una vecchia cava, adibita fino a qualche anno fa a discarica, diligentemente bonificata e opportunamente recintata.
Il percorso si conclude, dopo aver camminato per altri due chilometri, presso la rotatoria della “Cosimina”, con la speranza che questo piccolo lembo di paesaggio incontaminato possa essere salvaguardato e tutelato da un inutile nastro di nero asfalto.

 3.2 Percorso n. 2 – Lucugnano, località Patrì – Alfarano, zona industriale di Tricase
Attraversata la vasta e deserta estensione dell’area “archeologico – industriale” di Tricase, Miggiano e Specchia, attualmente adibita più allo scarico indiscriminato di manufatti di ogni genere che alla loro produzione, il percorso si dirige verso il territorio di Lucugnano (Comune di Tricase), in località Patrì – Alfarano, su un rilievo orientato in direzione NO-SE. La posizione elevata permette di dominare visivamente una vasta porzione di territorio che comprende i vicini centri abitati di Montesardo, Alessano, Specchia e la cosiddetta Serra dei Cianci.
Sullo sfondo, ad occidente, fa bella mostra di sé il centro abitato di Lucugnano, adagiato su un’ampia piana intervallata da leggere ondulazioni isolate.

L’itinerario, in questo comprensorio, si snoda tra antichi tratturi, circondati da maestose e oramai dismesse cave di argilla, dalle quali i figuli di Lucugnano – fino a mezzo secolo fa – prelevavano la materia prima per forgiare i loro manufatti in terracotta.
Le cave si presentano nelle due varianti tipologiche, ossia all’aperto e in sotterraneo.
Di queste ultime, tuttavia, ne rimangono poche a causa della costante opera antropica: l’area, infatti, è stata sfruttata intensivamente, per scopi agricolo – pastorali, fino a pochi decenni fa.
Giunti nel cuore (im)produttivo della zona industriale di Tricase, l’attenzione viene attratta da una particolare costruzione in pietra a secco, a base quadrangolare, che presenta in prossimità dell’ingresso un monolite, alto poco meno di un metro e mezzo, collocato in modo che, guardando dalla giusta angolazione, appaia come un simbolo fallico di fronte all’ingresso a ogiva della pajara (chiaramente simbolo della femminilità); si tratta di un antico e quasi dimenticato rito contadino utile a propiziare la fertilità della terra, che si rifà sull’arcaico culto pagano dedicato a Priapo, divinità venerata da Greci e Romani dotata di un enorme membro capace di favorire la fecondità della natura e di proteggere i prodotti agricoli dalle carestie1.
1 Cfr. MARCO PICCINNI, Gli dei dell’Olimpo nelle campagne del Salento. Il culto di Priapo, in www.salogentis.it.
Leuca nuove 109 Il percorso prevede una sosta presso una cavità artificiale, ubicata poche decine di metri a sud da uno stradone di recente realizzazione, che si apre nel terreno argilloso fino ad una profondità di circa 1,5 metri.
Si prosegue per alcune centinaia di metri in direzione est, nella medesima località; nei pressi di un antico palmento, ormai ridotto ad un cumulo di macerie, si individua un fronte di cava di argilla lungo 60 metri e alto circa 10 metri. Nelle vicinanze si notano degli allineamenti murari costituiti da blocchi isodomi di grandi dimensioni (misure medie espresse in metri: 0,70 larghezza, 0,60 altezza). Le strutture murarie cingono diversi terreni incolti o piantumati ad uliveto. I blocchi sono staticavati da un sito estrattivo ubicato nelle immediate vicinanze, laddove affiorano le formazioni geologiche denominate “Calcareniti del Salento”2.
2 CAVALERA, MARTELLA 2010, pp. 59 – 78.
 Il cammino procede, tra ulivi, pajare e muretti a secco, lungo un antico sentiero che, dopo un tragitto di circa 1 km, si collega con una strada campestre che a sud si dirige verso la città di Tricase e a nord prosegue – parallelamente ai binari delle Ferrovie del Sud-Est – in direzione della zona industriale, punto di partenza e di arrivo del percorso.

3.3 Percorso n. 3 - Sant’Eufemia (Tricase), località Matine, Madonna del Gonfalone
Il percorso ricade interamente nel territorio comunale di Tricase, tra le località Madonna del Gonfalone e Matine, al confine con quello di Alessano.
Punto di partenza è l’antico centro storico della frazione di Sant’Eufemia, dove è possibile ammirare la chiesa Parrocchiale del XVI secolo. Si tratta di un edificio dalla semplice planimetria, con la facciata in pietra leccese arricchita da un finestrone di forma particolare e da un seicentesco portale d’ingresso. L’interno ad unica navata si presenta sobrio, impreziosito dall’altare maggiore, da alcune statue e da un soffitto a stella.
L’itinerario procede verso nord – ovest. Dopo aver attraversato il centro storico del borgo, tra case a corte ed edicole votive, ci si incammina lungo una strada la cui antichità è indiziata da tagli nella roccia visibili ai lati della carreggiata.
Si percorre, per circa un chilometro e mezzo, la Strada Provinciale n. 184, e si giunge presso la cripta del Gonfalone, un importantissimo luogo di culto di origine bizantina, ricavato in un ambiente scavato nel tenero banco tufaceo intorno all’anno Mille.
La forma dell’ipogeo si presenta irregolare, con 19 pilastri/colonne di sostegno, alcuni dei quali scavati direttamente nel tufo. All’interno, sulle pareti, si conservano tracce di cicli pittorici di notevole interesse storico-artistico.
Lasciata alle spalle la cripta bizantina, si prosegue per circa 400 metri in direzione ovest. L’attenzione del viandante si focalizza su un tratturo che si apre sul lato sinistro della S.P. 184. Si tratta di una stradina – orientata in direzione nord / sud – che si caratterizza per la presenza di tracce di carraie impresse sul banco di roccia. Queste si sviluppano in modo pressoché continuo per una lunghezza di circa 50 metri. Non è possibile stabilire la profondità dei solchi, in quanto ricoperti da uno spesso strato di sedimento terroso.
Limitrofi alla stradina e infissi verticalmente nel terreno si rinvengono alcuni blocchi calcarei di incerta interpretazione. I terreni circostanti sono ricoperti da bassa vegetazione spontanea tipica del luogo.
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Il tratto viario, localizzato in località Matine, lambisce i ruderi di un edificio semidiruto da identificarsi – secondo alcuni storici locali – con un rifugio di pellegrini diretti al Santuario di Leuca, risalente all’età medievale ed ubicato, non a caso, circa 500 metri a nord-est dalla cripta della Madonna del Gonfalone.
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Giovanni Uggeri, autore dello studio più completo a disposizione relativo alla viabilità romana del Salento, ipotizza il passaggio del tracciato della “Via Sallentina”, proprio nell’area in questione. Lo studioso, relativamente al tratto in oggetto, scrive che la strada, a partire da Alessano, attraversava l’attuale S.S. 275 all’altezza del chilometro 1009. Per un tratto la strada campestre fungeva da confine comunale, quindi perveniva alla Madonna del Gonfalone e, seguendo l’attuale tracciato viario, proseguiva per Tutino3.
3 UGGERI 1983, p. 304.
Si prosegue in direzione nord, lungo un’antica via che conduce a Lucugnano, per circa 500 metri, fino a che non si giunge ad un quadrivio in località Santamaria, che confina ad occidente con un boschetto (localmente noto come “Bosco Martella”). La strada è da identificare – probabilmente – con uno degli ultimi tratti superstiti dell’antico sentiero dei Pellegrini.
All’interno del bosco si trova Masseria Mustazza, la cui struttura è caratterizzata da una disposizione degli ambienti a staffa di cavallo. Sulle pareti dell’edificio sono ancora visibili numerose croci, incise per devozione dai fedeli che si fermavano per alloggiare, ristorarsi o semplicemente per pregare, prima di giungere alla meta finale del viaggio: il Santuario di Santa Maria di Leuca. Sulla facciata si conservano delle pietre semicircolari forate – dette scapole – utilizzate per legare i cavalli durante la sosta4.
4 CAVALERA 2011, pp. 24-25.
Il cammino si snoda a questo punto verso est, percorrendo un tratto di strada che insiste nelle immediate vicinanze di due strutture masserizie: Masseria Resci e Masseria Panzera.
Il percorso ad anello si conclude laddove ha avuto inizio, ossia nella piazza antistante la Chiesa parrocchiale di Sant’Eufemia.

3.4 Percorso n. 4 – Alessano, località Macurano
 Il percorso si snoda dal cimitero moderno di Alessano e si dirige verso sud, in località Macurano, dove è possibile visitare un antico villaggio rupestre, ubicato lungo la direttrice viaria che collega Alessano alla Marina di Novaglie. Si tratta di un luogo simbolo della cultura dell’olio, per la presenza di due frantoi ancora utilizzati: trappeto Sauli e trappeto Santa Lucia.
Nel villaggio rupestre di Macurano si insediò – intorno all’anno Mille – un gruppo di monaci italo/greci che si dedicarono all’agricoltura, attività garantita dalla fertilità della terra, ricca di acque di scolo provenienti dalla collina che venivano raccolte in cisterne tramite un sistema di canalizzazioni, in parte ancora conservato.
L’area del villaggio rupestre venne sfruttata anche nel XVI secolo, epoca alla quale si fa risalire il complesso masserizio, denominato Macurano, consistente nella Masseria Santa Lucia e nella cappella di Santo Stefano.
La struttura è dominata dal nucleo originario, ovvero dalla torre cinquecentesca coronata da beccatelli a sostegno del parapetto aggettante del terrazzo sommitale e da caditoie in corrispondenza delle finestre e delle porte di accesso. Gli altri ambienti furono aggiunti successivamente e, già alla fine del XVII secolo, la masseria consisteva nella struttura oggi visibile.
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Si prosegue, attraverso tratturi e tratti viari con tracce di solchi scavati nel banco di roccia, per poche centinaia di metri a sud – est di località Macurano, dove è stato rinvenuto un cimitero medievale, costituito da diverse tombe a fossa ricavate nel banco di roccia, di forma rettangolare e di dimensioni eterogenee.
BIBLIOGRAFIA
CAVALERA M., Lucugnano tra leggenda, storia, arte e artigianato, in Progetto Salento, 18
(febbraio – marzo 2011), pp. 24-25, Castiglione 2011.
CAVALERA M, MARTELLA R., Cave di estrazione dell’argilla nel territorio di Lucugnano (Tricase), in Quaderni del Museo della Ceramica di Cutrofiano, 12, pp. 59-78, Galatina 2010.
CERFEDA F.G., Il culto di Santa Maria Maddalena e l’istituzione della fiera, in Andrano e Castiglione d’Otranto nella storia del sud Salento, a cura di CERFEDA F.G., COPPOLA S., MOSCATELLO L., pp. 233-256, Alessano 2004.
UGGERI G., La viabilità romana del Salento, p. 304, Mesagne 1983. 

SITOGRAFIA